Museo di Storia Naturale di Venezia

Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue

CHAM. Danze rituali in Tibet

I Cham

I Cham, ovvero  le danze rituali eseguite dai monaci buddhisti e da quelli appartenenti al Bon, l’antica religione autoctona del Tibet, rappresentano uno degli aspetti più affascinanti e meno conosciuti della cultura tibetana; aspetto che per la ricchezza e la complessità dei suoi elementi simbolici è stato spesso non compreso e male interpretato in Occidente.

La policromia di costumi, maschere e ornamenti, i suoni profondi e drammatici degli strumenti musicali, la potenza simbolica dei movimenti dei danzatori e le stesse valenze archetipiche delle “storie meravigliose” raccontate tramite i cham – come scrive lo stesso Piero Verni, noto giornalista e profondo conoscitore delle civiltà orientali e delle culture indo-himalayane – sono comunicazioni che toccano con forza il cuore e la mente di quanti assistono alla sacra rappresentazione.

La maggior parte delle danze rituali viene eseguita pubblicamente nei cortili dei monasteri davanti a un gran pubblico che, a volte, giunge da luoghi distanti settimane o mesi di cammino. Tutte le fasi del cham sono scandite dal suono di un’orchestra monastica, la cui composizione può variare da cinque-sei elementi a oltre una ventina.

Gli strumenti usati dall’orchestra sono per lo più i cembali (rolmo), i tamburi a manico (nga), le trombe telescopiche (dung-chen) e quelle corte (gya-ling).
La danza rituale fa parte dell’addestramento interiore del praticante e comprende anche meditazioni, visualizzazioni ed elaborate tecniche di concentrazione.

Il Cham si può definire, sia pure con una certa libertà di linguaggio, una sorta di meditazione in movimento.

Per suo tramite il danzatore – come appare chiaramente anche dalle splendide immagini immortalate da Giampietro Mattolin – aiutato dalla musica, da apposite preghiere e dal simbolismo dei costumi che indossa, entra in un rapporto diretto con la divinità che rappresenta. Infatti ogni danzatore esegue la danza di un ben preciso personaggio del pantheon tantrico e con esso stabilisce un legame profondo.

Il monaco, grazie al potere del cham, “diventa” la divinità stessa, si identifica completamente e, tramite questa identificazione, ne acquisisce le qualità fondamentali raggiungendo così una superiore consapevolezza spirituale: è in questo stato mentale completamente purificato e trasfigurato che egli deve danzare. Attraverso la meditazione in rapporto alla divinità il praticante tantrico purifica dunque la sua intera struttura psico-fisica e quindi “protegge” quelle che vengono chiamate le tre basi: corpo, parola e mente.

_

Per maggiori approfondimenti sul tema sono inoltre disponibili, in vendita presso il bookshop del Museo di Storia Naturale di Venezia, il dvd Cham – Le Danze Rituali del Tibet e i tre volumi Himalaya (2006); Mustang (2007) e Lung ta – Universi Tibetani (2012), anche in un unico cofanetto – già presentati al Museo – in cui i due autori Verni e Mattolin conducono il lettore all’interno dei principali temi e luoghi della civiltà del Tibet.