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Balistes carolinensis Gmelin, 1789 (Vertebrata, Actinopteri, Balistidae)
Il pesce che vedete nella foto è un pesce famoso. E’ addirittura apparso in evidenza sul Gazzettino del 29 agosto 2004, come esemplare di una specie sconosciuta pescata in Laguna. Si era allora parlato di specie esotiche, lessepsiane, si era persino scomodata la “tropicalizzazione” del Mediterraneo dovuta ai cambiamenti climatici globali… Ma la realtà era molto più semplice. Non era infatti certo la prima volta che vedevamo un pesce balestra dalle nostre parti, anzi. Ne avevamo ospitato addirittura per anni un bell’esemplare in acquario, pescato all’amo sulle nostre tegnùe al largo di Malamocco.
Se è vero infatti che alla famiglia Balistidi, che annovera i cosiddetti “Pesci balestra”, appartengono specie tipicamente tropicali, è anche vero che la specie Balistes carolinensis Gmelin, 1789 a cui appartiene l’esemplare illustrato costituisce l’unica eccezione. B. carolinensis è infatti specie Atlanto-Mediterranea e la sua presenza nel Mediterraneo è documentata da epoche lontane (addirittura dal Neolitico lungo le coste mediterranee di Israele). Il suo limite termico minimo è 12°C, mentre vive preferenzialmente in un intervallo di temperature comprese fra i 18 e i 24 °C (Whintehead & al., 1984). Non lo si può pertanto annoverare fra i pesci strettamente tropicali, né tantomeno considerarlo una specie esotica, come si può facilmente verificare dalla checklist del CIESM, organismo internazionale che monitora costantemente la presenza e l’introduzione di specie esotiche marine nel Mediterraneo. Non è inoltre una specie lessepsiana (ovvero penetrata in Mediterraneo attraverso il canale di Suez) come spesso erroneamente citato non solo perché, come abbiamo visto, in Mediterraneo c’è sempre stata (in ere geologiche recenti, s’intende) ma anche perché non è presente in Mar Rosso.
In Adriatico, e lungo le coste del Veneziano in particolare, la sua presenza, sia pur rara, è segnalata ed illustrata già dal Chiereghin nel 1818 (come Balistes batillum o B. capriscus sinonimi della specie in oggetto, la cui riproduzione in acquerello originale è visibile nella foto in basso a destra). Nelle collezioni del Museo di Storia Naturale di Venezia si conservano esemplari ottocenteschi e pubblicazioni scientifiche del Trois (Trois, 1875) e del Ninni (Ninni A.P., 1870; Ninni E., 1912), relative a ritrovamenti nordadriatici di questa specie, che riferiscono di esemplari del 1895, 1898, 1899 ecc.
Negli ultimi decenni le segnalazioni di questi ritrovamenti a livello locale sembrano mantenersi con una certa regolarità attorno 1-2 esemplari l’anno, almeno per quanto a nostra conoscenza. Trattandosi di specie a distribuzione irregolare, apparentemente legata almeno preferenzialmente a substrati rocciosi, i principali ritrovamenti sono avvenuti a opera di cannisti sulle tegnùe del Veneziano (come già indicavano il Chiereghin ed il Ninni). I robusti denti di cui è munito, visibili nella foto in basso a sinistra, sono tipici della famiglia (le specie tropicali in effetti si nutrono essenzialmente di coralli) e tradiscono le abitudini alimentari legate ad una dieta costituita da organismi bentonici dotati di robusto guscio come anellidi tubicoli, molluschi ed altre specie abbondanti sui fondali rocciosi. Il curioso nome di pesce balestra deriva da una strana traduzione del nome anglosassone “trigger fish”, che tuttavia significa “pesce grilletto”, che deve alla particolare pinna dorsale, dotata di robusti raggi spinosi, che l’animale può alzare o abbassare a piacimento facendola scomparire in un apposita scanalatura sul dorso. Il movimento, simile a quello effettuato per armare il grilletto nelle antiche armi da fuoco a miccia ed a pietra focaia (e forse precedentemente anche delle balestre) ha così ispirato il nome.
In trasmissioni televisive, sui giornali e purtroppo anche in siti internet, il Balistes carolinensis è spesso portato impropriamente come esempio, anche da parte di “esperti”, del fenomeno della “tropicalizzazione” del Mediterraneo e del cambiamento climatico globale in generale.
Tuttavia un eventuale aumento di diffusione e frequenza di questa specie nel nostro mare a seguito del riscaldamento delle acque, unico collegamento possibile fra B. carolinensis e l’effetto “tropicalizzazione del Mediterraneo” non appare affatto evidente ed è, almeno per quanto di nostra conoscenza, attualmente tutto da dimostrare.
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Bibliografia:
CHIEREGHIN S., 1818. Descrizione de’ Pesci de’ Crostacei e de’ Testacei che abitano le Lagune ed il Golfo del Veneto – Venezia
NINNI A.P., 1870. Enumerazione dei pesci delle Lagune e del Golfo di Venezia. Ann. Soc. Nat. Modena, 5: 63-88.
NINNI E., 1912. Catalogo dei pesci del mare Adriatico. Tip. Carlo Bertotti, Venezia, 271 pp.
TROIS E.F., 1875. Prospetto sistematico dei pesci dell’Adriatico e catalogo della collezione ittiologica del R. Istituto Veneto. Atti R. Ist. Ven. Sc. Lett. Ed Arti, (V) 1: 46 pp.
WHINTEHEAD P.J.P., BAUCHOT M.-L., HUREAU J.-C., NIELSEN J., TORTONESE E., 1984. Fishes of the North-eastern Atlantic and the Mediterranean. 3 VV. Unesco.
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