Museo di Storia Naturale di Venezia

Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue

Temi

Organismi marini xilofagi

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L’immagine della caratteristica “briccola”, il palo o gruppo di pali piantati a bordo dei canali di Venezia per segnalarne il limite della navigabilità, rosicchiata a livello di marea da sembrare attaccata da castori, è ormai parte del paesaggio tipico lagunare. Da sempre i veneziani conoscono la velocità con cui i diversi tipi di legno vengono aggrediti ed erosi una volta immersi nell’acqua, in base all’essenza lignea ed allo spessore della struttura. Ma in realtà c’è un altro fattore ancor più importante che determina la durata di un palo infisso in acqua… ed è il dove viene collocato. Se infatti un palo del diametro di 20 cm potrebbe teoricamente durare molti anni in acqua, anche dieci o vent’anni, spesso la sua durata è molto inferiore, in alcuni casi fino a poco più di due. Per comprendere i motivi di un così veloce degrado dobbiamo conoscere i meccanismi di questo fenomeno. Infatti, al contrario di quello che si potrebbe pensare, l’azione meccanica prodotta dal moto ondoso, particolarmente avvertibile a livello superficiale, non è in questo caso la causa primaria. Non che il suo effetto non concorra al processo, ma non ne è il meccanismo principale. In effetti pali infissi in zone molto trafficate o in aree assolutamente tranquille possono presentare processi erosivi quasi sovrapponibili.

Il fattore scatenante, vero catalizzatore del fenomeno di erosione dei legni in ambiente lagunare e marino, è infatti di tipo biologico. Si tratta cioè di fenomeni di biodemolizione, dovuti alla sinergica azione di muffe e batteri unite all’azione, talvolta velocissima, di invertebrati xilofagi. Gli xilofagi sono organismi che si nutrono di legno, scavando gallerie che, pur con modalità diverse, intaccano la struttura lignea, indebolendo la resistenza meccanica della struttura ed aumentando la superficie di attacco per le muffe ed i batteri.

Gli organismi responsabili sono quindi:

  • Batteri
  • Funghi
  • Metazoi (Invertebrati)
  • Molluschi
  • Crostacei

I batteri sono in grado di degradare la cellulosa, la sostanza che conferisce solidità alle pareti cellulari dei vegetali. Tale azione può essere svolta da batteri diversi sia in ambiente aerobico, come in legni esposti all’acqua, che in ambiente anaerobico, come in substrati infossati nel sedimento. L’attacco batterico è comunque lento e poco aggressivo, tanto più in ambiente anaerobico. Questo è il motivo per cui la porzione di legno immersa in sedimenti asfittici rimane sostanzialmente inalterata per anni e spesso per secoli.  L’azione aggressiva dei batteri sul legno immerso consiste quindi essenzialmente nella trasformazione della cellulosa in sostanze più facilmente attaccabili da organismi superiori.

Anche alcuni funghi possono concorrere alla degradazione del legno. In presenza di forti tenori di acqua, come nel legno immerso o fortemente imbevuto, e in ambiente aerobico, diverse muffe sono in grado di attaccare e degradare cellulosa e lignina. Anche in questo caso tuttavia l’azione è lenta e relativamente superficiale, ma può essere notevolmente aumentata dall’azione di organismi superiori che attaccando in profondità il legno ne aumentino la superficie aggredibile dalle stesse muffe, quali gli invertebrati xilofagi.

Esiste inoltre un’azione di indebolimento strutturale di tipo “chimico”, per reazioni che avvengono a contatto con l’acqua, che tuttavia risulterebbe di per sè lenta e limitata alla parte superficiale del legno a diretto contatto con l’acqua. L’azione di batteri e funghi facilita il successivo attacco dei legni da parte di organismi superiori quali i perforatori che a loro volta amplificano enormemente le superfici aggredibili dai batteri e dalle muffe.

I principali organismi xilofagi sono molluschi Bivalvi (teredini) e crostacei Isopodi ed Anfipodi. Le Teredini sono molluschi bivalvi perforatori di legni vivi e costruzioni lignee: legni sommersi, scafi, tronchi, palafitte e manufatti. Queste specie scavano gallerie nel legno e le rivestono di tubi calcarei all’interno dei quali il mollusco alloggia. La perforazione del substrato avviene grazie al movimento delle valve dentellate che, sospinte dal piede, producono l’effetto di una raspa. Questi animali fanno sporgere una struttura tubiforme, detta sifone, all’ingresso delle gallerie al fine di regolare gli scambi gassosi ed integrare la nutrizione con una variabile componente planctonica. Le teredini si riproducono attraverso larve che vengono prodotte nella tasca branchiale della femmina o direttamente dalla fecondazione di uova libere planctoniche. Le larve così prodotte si fissano al legno e iniziano la perforazione producendo un piccolo foro. La perforazione, dopo una breve fase longitudinale, si sviluppa lungo sezioni trasversali. Dato che il foro d’entrata rimane delle stesse dimensioni, un legno colonizzato dalle teredini può apparire esternamente quasi integro, o con minime perforazioni, risultando al contrario internamente pesantemente degradato. Le caratteristiche ambientali influenzano nettamente le capacità di sopravvivenza e sviluppo di questi animali. Temperatura e salinità sono i fattori che condizionano primariamente le teredini, che possono vivere e riprodursi esclusivamente all’interno di precisi range di questi valori. L’ampiezza ed i valori di questi range sono tuttavia sensibilmente diversi da specie a specie, che quindi presentano habitat preferenziali talvolta sensibilmente diversi.

Le specie di teredini presenti nella laguna di Venezia sono:
– Teredo navalis Linné, 1758
– Lyrodus pedicellatus (Quatrefages, 1849)
– Bankia carinata (J. E. Gray, 1827)
( = Bankia minima (Blainville, 1828))
– Nototeredo norvegica (Spengler, 1792)
( = Teredo utriculus Gmelin, 1790)

Questo è il motivo principale per cui pali della stessa essenza arborea e dello stesso spessore possono presentare durata molto diversa (anche dieci volte inferiore) in acque dolci o fortemente dissalate o anossiche, rispetto a quelli collocati in ambienti di laguna aperta o affini alle aree marine. Il progressivo approfondimento delle bocche di porto per permettere l’ingresso di navi a sempre maggior pescaggio e l’escavo di canali interni tende ad aumentare la penetrazione delle acque salate marine in laguna, aumentando di fatto l’areale diffusivo di tutte le specie di teredini nel bacino lagunare, in particolare di Nototeredo norvegica (Spengler, 1792). Questa specie, la più grande del Mediterraneo, capace di scavare gallerie di diamentro fino a 22 m è infatti tipicamente marina e non sopporta che minime diminuzioni di salinità. Anche zone di laguna più interna, fino nei pressi di alcune valli da pesca, dove una volta questi molluschi erano molto meno abbondanti, risultano attualmente interessate da un aumento delle specie e dell’aggressività di questi xilofagi.

Rimane da sottolineare che un’altra variabile legata alla velocità dell’attacco dei legni è la temperatura dell’acqua. Durante l’inverno, alle temperature raggiunte in laguna, questi molluschi rallentano l’attività di scavo fino a cessare di alimentarsi, raggiungendo invece il massimo della loro attività durante il periodo estivo. Anche in questo caso l’influenza umana in laguna è evidente. Non è un caso che i pali più velocemente intaccati siano quelli collocati nella zona di Fusina, nei pressi dello scarico di acque calde di raffreddamento della locale centrale elettrica, che mantiene localmente la temperatura dell’acqua compatibile con la crescita di questi animali anche nei mesi invernali.

Le due specie principali di crostacei xilofagi esistenti in laguna sono l’Isopode Limnoria tripunctata (Menz.) (= Limnoria lignorum (Rathke)) e l’Anfipode Chelura terebrans (Phil.)
Si tratta di animali molto piccoli (2 – 5 mm) (vedi disegni sotto e foto dei relativi legni attaccati) che scavano piccole gallerie nelle zone superficiali del legno concentrando la loro azione nel piano mesolitorale (zona di marea) evidenziata con un segmento bianco nella foto sotto. La densità di infestazione è tuttavia spesso tale da interessare completamente la superficie del legno che appare pertanto esternamente spugnoso, leggero e friabile. Le teredini (molluschi) portate allo scoperto dall’azione erodente superficiale dei crostacei si rifugiano verso l‘interno, mentre lo strato teredinato portato in superficie si dissolve per l’azione dei crostacei e del concomitante effetto dinamico dell’ondazione. I crostacei attaccano quindi il successivo strato superficiale iniziando un nuovo ciclo. Il processo si sviluppa in rapidi cicli con un’azione a “cipolla” che interessa sostanzialmente solo l’ambito verticale di presenza di questi organismi, ovvero il piano mesolitorale (il piano di escursione di marea). Il risultato finale è costituito dalla classica erosione a “clessidra” del legno, che appare invece sostanzialmente intatto nelle porzioni superiori ed inferiori all’area di attacco. I pali quindi cedono, lasciando di norma la porzione sottostante quasi intatta, vero “spuntone” sommerso spesso pericoloso per la navigazione, e creando un relitto galleggiante, costituito dalla parte superiore del palo altrettanto pericoloso, per i natanti veloci in particolare.

Sono state sperimentate numerose soluzioni volte alla protezione dei legni sommersi, con risultati talvolta discordanti. Le vernici e i prodotti chimici antivegetativi hanno di norma efficacia superficiale e limitata nel tempo, presentando inoltre effetti inquinanti sull’ambiente. La ricopertura della superficie del legno con materiali vari, plastici o meno, rimane efficace fino alla creazione di lesioni, anche minime, dalle quali penetrano facilmente le larve delle teredini che possono poi attaccare ampie aree della struttura lignea. La graffettatura, l’infissione di numerosissime graffette metalliche, sembra efficace, pur rimanendo ignoto il meccanismo d’azione. Un impiego diffuso presenterebbe comunque costi notevoli e probabili rilasci di eccessive quantità di ossidi metallici in ambiente. La sostituzione del legno come materiale per la realizzazione delle “briccole” e di molti manufatti attualmente realizzati in legno come pontili, passerelle ecc. risolverebbe alla radice il problema, ponendo tuttavia quesiti di opportunità legati alla storia e all’estetica la cui valutazione, tuttavia, è demandata ad altre sedi.

 

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