Museo di Storia Naturale di Venezia

Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue

La sede e la storia

Fontego dei Turchi

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Il Fontego dei Turchi, tipico esempio di casa-fondaco (in veneziano “fontego”) d’epoca altomedievale, fu eretto da Giacomo Palmieri, capostipite della nobile famiglia dei Pesaro, nella prima metà del XIII secolo. La prima descrizione certa del palazzo risale al 1381 ed è riportata nel contratto di vendita con cui i Pesaro cedettero il palazzo alla Serenissima. A quel tempo il palazzo doveva apparire come una grande dimora patrizia, dotata delle fondamenta, della riva, di una gradinata in facciata, di una corte con pozzi e panchine, di scale di pietra poste nella parte posteriore cioè nella corte, oltre ai mezzanini e agli alloggi per la servitù. L’interno doveva essere riccamente decorato, come risulta da una relazione del 1562 in cui si parla di fontane, colonne e scale in marmo, vasi d’argento e d’oro. Nel corso degli anni fu alternativamente utilizzato dalla Serenissima quale sede di rappresentanza (destinata ad ospitare principi stranieri e come luogo per feste private) e ceduto a varie famiglie patrizie: Aldobrandini, Priuli e nuovamente ai Pesaro, che lo tennero fino a che si estinsero nel 1830.

Un capitolo importante della sua storia iniziò nel 1621, quando la Repubblica lo destinò ai mercanti turchi, i quali lo tennero fino al 1838. Con la destinazione ad abitazione e sede commerciale per i Turchi, l’ex palazzo Pesaro fu completamente manomesso per separarlo dalle abitazioni dei cittadini veneziani. Davanti alla facciata fu eretto un muro con una porta per lo scarico e il carico delle merci, ma soprattutto vennero abbattute le due torrette laterali, con il pretesto che avrebbero potuto essere interpretate come segno di nobiltà o utilizzate dai Turchi per spiare la città. L’interno ospitava gli alloggi dei Turchi posti su tre piani, mentre al piano terra vi erano i magazzini, una grande stanza destinata a moschea ed il luogo riservato al bagno rituale. Norme particolareggiate e severe ne regolavano il funzionamento, dagli orari della vita quotidiana alle modalità di commercio. Fu tra l’altro operata una netta separazione al suo interno tra Turchi europei (bosniaci ed albanesi) da una parte, e turchi costantinopolitani ed asiatici (persiani ed armeni) dall’altra. I mercanti turchi importavano a Venezia soprattutto cera, olio, lana grezza e pellami, cui si aggiunse dal 1700 anche il tabacco; le merci venivano scambiate con altri prodotti oppure vendute.

Quando nel 1859 divenne proprietà del Comune, il palazzo si trovava in uno stato di grave degrado. A partire dal 1860 venne perciò ricostruito totalmente sotto la direzione dell’ingegner Federico Berchet e con il contributo del governo austriaco. Il restauro venne eseguito recuperando parte del materiale del precedente edificio del XIII secolo, al quale architettonicamente ci si ispirò: in particolare il palazzo venne liberato dalla mura eretta a ridosso della facciata e dalla casetta che era stata edificata sul lato destro verso la salizzada; vennero invece ricostruite le due torrette e la merlatura di coronamento, ricavandone l’aspetto originario dalle piante cinquecentesche di Jacopo de’ Barbari e da stampe di epoche più recenti.

Il Fontego dei Turchi è oggi uno tra i più caratteristici palazzi affacciati sul Canal Grande, ben riconoscibile per la sua facciata decorata da vari elementi architettonici come patere e formelle; una di queste, raffigurante un uccello, forse uno smergo, che cattura un pesce, è stata ripresa nel logotipo del Museo.